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domenica 10 marzo 2024

LUTTO: FAVORIRE L'ELABORAZIONE CON LA TERAPIA EMDR

"Posso scegliere di sedere in perpetua tristezza, immobilizzato dalla gravità della mia perdita, o posso scegliere di rialzarmi dal dolore e fare tesoro del regalo più prezioso che ho: la vita stessa."
Walter Inglis Anderson

Perdere qualcosa o qualcuno implica una distinzione tra due condizioni notevolmente differenti l'una dall'altra, ma che, comunque, possono causare in chi le sperimenta un grande dolore. La perdita da morte, anche definita perdita primaria, è la condizione in cui muore una persona cara; la perdita da non morte, detta anche perdita secondaria, è per esempio una separazione, un licenziamento, il cambiamento di una condizione economica o di stato sociale.

L'esperienza della perdita è solitamente  accompagnata da un corollario di reazioni fisiche (dolori, capogiri, svenimenti, insonnia, ecc.), emotive (disperazione, colpa, rabbia, tristezza, solitudine, sopraffazione , ecc.), comportamentali (ritiro sociale, incapacità di prendersi cura di sé da un punto di vista alimentare o igienico, ecc.) e psicologiche (mancanza di concentrazione, dimenticanze, senso di confusione o ottundimento).

Generalmente quando si parla di lutto si fa riferimento alla perdita primaria, ovvero alla scomparsa di una persona cara, si tratta però di una distinzione puramente linguistica perché nella realtà anche una persona che sta vivendo una separazione dal coniuge può vivere dentro di sé l'esperienza del lutto. Tuttavia in questa sede faremo riferimento al lutto come la condizione di mancanza fisica in seguito alla morte.

Essere in lutto ed elaborare il lutto sono due processi molto diversi: il primo si riferisce al vivere le reazioni sopra indicate, il secondo agli sforzi che l'individuo metterà in atto per gestire la perdita e produrre un adattamento alla scomparsa del proprio caro. 
Adattarsi alla perdita significa: 
• modificare i legami  psicologici che si hanno nei confronti del defunto, ovvero costruire una vicinanza psicologica che andrà a sostituire quella fisica che si aveva quando la persona era in vita. Questo processo prende il nome di internalizzazione della relazione, ed è quel processo, che in una fase di vita differente coinvolge il neonato e la propria mamma. Grazie all'internalizzazione il neonato è in grado di separarsi momentaneamente dalla madre senza piangere o disperarsi perché è riuscito a portare nella propria mente la rappresentazione buona della relazione con la madre, la sicurezza e la fiducia del suo ritorno.
• ridefinire la propria identità all'interno di una nuova dimensione di vita che non prevede la presenza fisica dell'estinto, ovvero rivedere chi si è senza la persona amata, per esempio passando dal vedersi/pensarsi come "moglie/marito di ... o mamma/papà di ..." a "una donna/un uomo"; 
• vivere in modo sano la quotidianità nel mondo senza il proprio caro.

L'entità del lutto può essere influenzata da numerosi fattori: 
• la natura della relazione affettiva con il defunto (buona, conflittuale, ambivalente, ecc.),
• la modalità della morte (morte annunciata oppure imprevista, morte violenta, stigmatizzazione della morte, come avviene ad esempio nei casi di suicidio, morti di più persone contemporaneamente o in un breve lasso di tempo), 
• aver vissuto in passato altre perdite, 
• la possibilità di accedere a risorse affettive (esempio: avere dei cari vicini in grado di fornire sostegno), spirituali (credere in una religione o far parte di una comunità religiosa), sociali (poter contare su amici, vicini, ecc.), 
• la modalità di ciascun individuo di instaurare  e mantenere relazioni affettive e soprattutto le modalità di gestione della separazione da una persona amata.

L' elaborazione del lutto è un processo che, attraversando diverse fasi, oscilla tra momenti di sofferenza, in cui si pensa al caro estinto, e momenti in cui si è impegnati a gestire la propria vita.
La prima fase prevede il raggiungimento della consapevolezza e comprensione della morte; la seconda fase è caratterizzata dalla reazione alla separazione e conseguente sperimentazione del dolore e delle reazioni psicologiche, fisiche e comportamentali sopra descritte. La terza fase passa attraverso il ricordo della persona cara e della relazione avuta con lei/lui; la quarta fase implica la rinuncia al legame fisico col caro; durante la quinta fase si sperimentano nuovi modi per vivere un mondo diverso e rivedere il proprio senso di identità. La sesta e ultima fase prevede la possibilità di reinvestire nuovamente nella propria vita, per esempio trovando un altro partner o dedicandosi a hobby e passioni, amici e lavoro, vita sociale, ecc.

L'elaborazione del lutto dovrebbe essere un processo naturale, tuttavia non sempre riesce a compiersi, qualche volta infatti si interrompe o viene ostacolato da alcuni fattori quali: 
• la negazione e repressione del dolore, 
• cancellazione dalla propria mente e vita del defunto, come se non fosse mai esistito, per es eliminando tutto di lui, foto, oggetti, vestiti, senza poterlo ricordare o non parlarndone mai,
• al contrario, rimanere attaccato al proprio caro senza per esempio cambiare nulla nella casa in cui si è vissuti insieme, conservare tutti i suoi oggetti anche ad anni di distanza, parlarne sempre come se fosse ancora in vita,
• paura a lasciare andare il dolore per la perdita perché interpretato come perdita definitiva del legame avuto.
Questi meccanismi psicologici, agiti in modo inconsapevole, e che hanno uno scopo autoprotettivo, in realtà  bloccano l'elaborazione sana del lutto e concorrono a creare una ferita che non viene completamente rimarginata ma che al contrario, anche a distanza di molto tempo, produce delle ripercussioni negative nel modo di pensare, di vivere il mondo emotivo o nel proprio comportamento nei confronti della vita stessa.

L'intervento EMDR è un valido strumento per facilitare una sana elaborazione del lutto o sbloccare un'elaborazione complicata; esso non è da intendere come scorciatoia rispetto alle fasi in cui si sperimenta tristezza o dolore ma come uno strumento che agevola questo difficile passaggio rispettando i tempi individuali. La morte non determina la perdita dell'attaccamento e del legame con il proprio caro, chi rimane ha bisogno di trovare un nuovo assetto in una rappresentazione interna del defunto, ed è proprio in questo che l'emdr facilita la transizione. Spesso, chi rimane è in grado di andare avanti nella vita senza il proprio caro proprio perché è riuscito a sviluppare una rappresentazione interna funzionale da portare con sé, attraverso l'emergere di ricordi positivi ha dato un senso alla relazione con l'estinto e al ruolo che quella persona ha rivestito nella sua vita e nella costruzione della sua identità, la certezza di essere stato amato e di avere amato diventa un elemento fondamentale nella costruzione di una internalizzazione positiva dell'estinto. Attraverso l'aiuto della terapia EMDR il legame con il caro scomparso viene mantenuto, ma in una modalità differente da prima, più compatibile al nuovo assetto di vita che prevede un mondo senza la presenza fisica dell'istinto, in cui tuttavia la sicurezza della relazione con la persona che non c'è più può rimanere ed essere percepita come fonte di sicurezza interiorizzata durante i momenti di sconforto.
(Per approfondire e capire cos'è l'EMDR clicca sul link)

Il lavoro con l' EMDR prevede un lavoro sul passato, ovvero rispetto agli eventi che hanno determinato l'attuale sofferenza, ma anche gli eventi precedenti legati a traumi o perdite che non sono stati completamente elaborati. In un secondo momento prevede un lavoro sul presente e su tutte quelle situazioni che ancora oggi riattivano e stimolano il dolore; si conclude poi con un lavoro sul futuro, cioè rispetto a quello che sarà il nuovo assetto di vita e tutte le situazioni che generano preoccupazione e paura.

Il momento per iniziare un intervento con la terapia emdr è quando il paziente inizia ad avvertire l'impatto emotivo dell'evento vissuto, se egli non ha ancora raggiunto questa fase è importante prima procedere con altre modalità terapeutiche.

"Ricorda che tutti quelli che incontri hanno paura di qualcosa, amano qualcosa e hanno perduto qualcosa."
H. Jackson Brown, Jr.




Bibliografia
Roger M. Solomon Phd - Utilizzo della terapia EMDR per lutto ed elaborazione del lutto

venerdì 26 febbraio 2021

STORIE DI STRAORDINARIA PANDEMIA E ADOLESCENTI

I dati parlano chiaro: i giovani stanno stanno sempre più male.
Autolesionismo, rabbia, depressione ed ansia, tentati suicidi, revenge porn e abuso di social.
Come aiutarli e aiutare le famiglie in difficoltà? 



Da circa 12 mesi gli adolescenti si trovano a fare i conti con numerosi divieti fino a poco tempo fa inimmaginabili. Chi avrebbe mai pensato di vivere una vita "mascherato" non solo il giorno di carnevale? Non potersi scambiare una coca cola con il proprio migliore amico smezzando un panino per merenda? O non poter abbracciare l'amica del cuore e dare un bacio ai nonni?

La pandemia, con le sue distanze, le chiusure, l'impossibilità di stare insieme, ha portato tutti a fare fatica, ognuno ne risente ed è messo a dura prova in modo diverso; ma quali sono le conseguenze di questo lock down collettivo e a lungo termine sugli adolescenti?

L'adolescenza è il periodo delle grandi sfide, dei cambiamenti fisici ed emotivi, un periodo di sviluppo cerebrale che si concluderà solo intorno al compimento del ventesimo anno di età con il raggiungimento di un maturo pensiero razionale, del ragionamento, del maggior controllo degli impulsi e della valutazione delle decisioni.  E' anche il periodo della vita in cui la socializzazione e l'identificazione con il gruppo dei pari gettano le fondamenta per lo sviluppo della propria identità ... ed esattamente in questo momento di transizione e costruzione così delicato, gli adolescenti  ne stanno soffrendo come mai prima. A dirlo sono alcuni dati significativi:

1) l'aumento dei casi di tentato suicidio, cercato come estrema richiesta di aiuto o agito in modo inconsapevole per partecipare ad un gioco online.  

2) l'aumento di atti autolesionistici quali tagli su braccia o gambe, come manifestazioni di una forte rabbia agita contro se stessi ma che al contempo libera da una sofferenza dell'anima più interna e profonda. 

3) l'aumento dei comportamenti aggressivi verso i genitori o terzi

4) l'aumento di ansia e depressione.

Agiti estremi che spaventano e che spesso i genitori faticano ad accettare per vergogna o paura di esser giudicati colpevoli o inadeguati agli occhi degli altri; richieste di aiuto che arrivano ai servizi in modo tardivo o che non arrivano affatto e che non portano a risoluzione  perchè "il tempo guarisce tutte le ferite" in questo caso non funziona.

5) un uso smisurato di cellulari, tablet e pc al di fuori della DAD o del mantenimento delle relazioni familiari. Nell'era della pandemia,  a fronte di una sempre maggior solitudine sociale, si evidenzia una iperconnessione digitale in crescita esponenziale, spesso agita  per occupare quel tempo lasciato vuoto dagli amici, dallo sport e dalle uscite. Diminuiscono i controlli dei genitori e i ragazzi si trovano da soli nel mare di internet; navigare nella rete espone al rischio di incontri spiacevoli, favorisce episodi di cyberbullismo e revenge porn a causa della pubblicazione indiscriminata di fotografie personali. Il web diventa un luogo dove perdersi e che fa perdere  il sonno, come raccontato dai giovanissimi che si addormentano ad orari assurdi  perchè perdono la percezione del tempo trascorso sui dispositivi. 
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta che da anni lavora, progetta e scrive di infanzia, preadolescenza ed adolescenza suggerisce di non dare un cellulare a ragazzini al di sotto dei 14 anni per i numerosi rischi che questo comporta. Se vi sembra un suggerimento estremo, prendetevi una serata di tempo per guardare il documentario "The social dilemma" e comprendere perchè proprio gli "esperti della Silicon Valley, che lavorano per progettare le tecnologie che uncinano i nostri figli quasi sempre dichiarano di non renderle disponibili ai propri".

Cosa fare davanti a questo sconfortante scenario? 
I punti da cui partire sono tanti: 
  • genitori riprendetevi l'autorevolezza del vostro ruolo senza paura: i ragazzi hanno bisogno di genitori che diano regole e limiti e non amici;
  • posate il vostro cellulare e proponete alternative: un gioco insieme, una passeggiata, guardare un film, cucinare, ecc.;
  • parlate con loro, interessatevi al loro mondo, ai loro interessi, chiedete e mostratevi autenticamente interessati;
  • vigilate sull'uso delle tecnologie e limitatene i tempi;
  • chiedete aiuto a un professionista o a un servizio quando avete dubbi o si evidenziano comportamenti preoccupanti;
  • non lasciate passare del tempo prezioso pensando che tutto passi.



Riferimenti sitografici:
http://formazionecontinuainpsicologia.it/cambiamenti-sociali-ed-emotivi-durante-adolescenza/?utm_source=mailup&utm_medium=email&utm_campaign=Mailup.

https://www.huffingtonpost.it/entry/i-giovanissimi-si-tagliano-e-tentano-il-suicidio-mai-cosi-tanti-ricoveri-prima-della-pandemia_it_6006f714c5b697df1a09146e.

https://www.ilsole24ore.com/art/ragazzi-raddoppiano-tempo-online-adulti-dimezzano-regole-ADxmZYIB.





  

mercoledì 8 gennaio 2020

EMDR: quel mal di vivere che si chiama depressione


Che belle le feste e le vacanze, vero? Purtroppo però per chi soffre di un disturbo depressivo spesso non è così, i momenti di condivisione e quelli in cui ci si ferma dai mille impegni quotidiani infatti possono diventare vere fonti di malessere. 

Ma che cos'è nel dettaglio la depressione?
La depressione è un disturbo dell'umore che ha specifiche caratteristiche e un impatto disfunzionale sullo svolgimento delle normali attività quotidiane.
Dando uno sguardo all'ultima versione del manuale diagnostico dei disturbi mentali se ne distinguono varie tipologie: 
1 - il disturbo depressivo maggiore - caratterizzato dalla presenza di più episodi della durata di almeno due settimane. Le conseguenze di un evento luttuoso non si possono considerare disturbo depressivo entro un certo lasso di tempo, vedi post sul lutto;
2 - il disturbo depressivo persistente o distimia - è una forma di depressione cronica che viene diagnosticata in seguito all'alterazione dell'umore per una durata di almeno 2 anni;
3 - il disturbo disforico - una forma che si manifesta nelle donne solitamente dopo l'ovulazione e rientra dopo alcuni giorni dall'inizio del ciclo mestruale. 
4 - il disturbo depressivo indotto da sostanze o farmaci;
5 - il disturbo depressivo dovuto ad altra condizione medica.

Ciò che accomuna questi tipi di depressione è la presenza di un umore triste e alterazioni emotive e cognitive che impattano negativamente sul funzionamento individuale, ciò che invece li differenzia è la durata degli episodi, la distribuzione nel tempo e l'eziologia.

La depressione:
- è una tra le malattie mentali più diffusa al mondo, 
- ha un forte impatto sul funzionamento vitale del paziente, 
- comporta alti costi a livello sanitario e sociale, 
- può manifestarsi a qualunque età, con una maggiore incidenza nel sesso femminile.

I sintomi depressivi si organizzano intorno a quattro distinte aree:
1 - area emotiva: umore depresso, impotenza, senso di fallimento e incapacità personale, disperazione, indegnità;
2 - area cognitiva: pensieri negativi autocritici, prospettive future nefaste, distorsioni cognitive, fatica a concentrarsi, scarsa attenzione, alterazioni mnemoniche;
3 - area comportamentale: tendenza all'isolamento e a non svolgere più le attività normalmente eseguite (per esempio sport, faccende domestiche, uscite di vario genere), rallentamento motorio o al contrario agitazione motoria, scarsa cura alla propria persona (per esempio igiene personale e vestiario);
4 - area fisiologica: insonnia o al contrario ipersonnia, inappetenza o al contrario iperfagia, disturbi della sessualità, affaticabilità.

Perché la depressione si manifesta ad un certo punto della vita?
La depressione si manifesta al verificarsi di un evento precipitante, ovvero che fa crollare quello che era uno stato di precario equilibrio. Le fondamenta di un disturbo depressivo infatti sono preesistenti al manifestarsi del disturbo stesso, si ipotizza che aspetti depressivi si strutturino già durante l'infanzia, momento in cui esperienze traumatiche, stressanti o sfavorevoli hanno un impatto più grave  sull'individuo, diventando elementi predisponenti al rischio di sviluppo di una patologia mentale. Tali aspetti possono rimanere latenti fino al verificarsi dell'evento precipitante.

Come è possibile curare la depressione?
Un disturbo depressivo può essere approcciato attraverso:
- la terapia farmacologica che permette una riduzione dei sintomi e il mantenimento di una situazione di equilibrio emotivo;
- la psicoterapia che aiuta il soggetto a comprendere le cause, accettarle, superarle, trovare nuovi modi per affrontare e reagire al futuro;
- la terapia emdr, che essendo un tipo di terapia volto a curare gli effetti a lungo termine dei traumi ed eventi stressanti, si dimostra uno strumento molto interessante nel trattamento dei disturbi depressivi; recenti ricerche infatti dimostrano che i sintomi depressivi hanno una buona remissione dopo un ciclo di sedute con terapia emdr. 

Non lasciare che la depressione ti faccia passare la voglia di vivere, sconfiggila, si può!

EMDR e disturbi alimentari, nel prossimo post!
Arrivederci!



martedì 24 dicembre 2019

Un augurio per ...

chi crede e chi no, chi lavorerà o passerà le feste in famiglia, farà o riceverà un regalo, non avrà motivi per festeggiare oppure ne avrà molti, pranzerà in compagnia o in solitudine, i miei pazienti di un tempo e quelli presenti, chi leggerà questo post per volontà o chi ci capiterà su solo per caso, voglio augurare nel giorno del 25 dicembre o in quello successivo, o anche in tutti gli altri giorni dell'anno:


Buone feste.




mercoledì 18 dicembre 2019

EMDR: L’ansia è proprio una brutta bestia! Come domarla?


Assale, paralizza, rende aggressivi, porta a compiere azioni indesiderate, fa vivere male, genera pensieri disfunzionali … sono molte le conseguenze che seguono ad un attacco di ansia o ancor più ad una serie ripetuta di attacchi. Aggirare l’ostacolo non è una buona soluzione.
Farsi dominare dall’ansia, riduce il raggio di azione delle persone, meglio imparare a domarla!

La parola ansia, nella nostra cultura, possiede una connotazione esclusivamente negativa, tuttavia, di per sé l'ansia è una importante reazione dell'organismo davanti ad una fonte di stress. Esiste una importante distinzione tra stress buono, o eustress, cioè quello che serve ed è necessario alla vita, quello che per esempio permette di affrontare un pericolo o una prestazione,  e lo stress cattivo, o distress, che invece diventa debilitante ed interferisce con le normali attività quotidiane. 
L'ansia, con la connotazione negativa che le attribuiamo, è proprio questo secondo tipo di stress, che si manifesta in modo improvviso e a volte senza una apparente causa, è molto intensa tanto da indurre alcune persone ad un accesso in pronto soccorso perché il malessere fisico diventa preoccupante, può durare da pochi minuti a lunghi periodi, anche giorni e settimane. 


I disturbi d'ansia si dividono in:
- attacco di panico: si manifesta in modo improvviso e senza apparente legame con lo stimolo che lo provoca
- disturbi ossessivi e compulsivi: caratterizzati per la presenza di pensieri e azioni impossibili da controllare
- fobie specifiche: strettamente legate alla presenza di uno stimolo specifico
- ansia generalizzata: perdura  per molte ore o giorni e si manifesta in una pluralità di contesti aspecifici
- disturbo post traumatico da stress: insorge come conseguenza di un evento traumatico. 

L'ansia si compone di 4 specifici elementi:
1 - i pensieri: idee e convinzioni di essere in pericolo anche in assenza di stimoli o situazioni appropriate, e bassa o nulla percezione di poter fronteggiare la situazione. Pensieri disfunzionali e senso di impotenza si rinforzano a vicenda creando un circolo senza fine, mente e corpo entrano in uno stato di allarme ed allerta costante e bassa capacità di concentrazione.
2 - sintomi fisici: il corpo che si prepara alla fuga o all'attacco manifesta sintomi quali tachicardia, respiro affannoso, sudorazione, secchezza delle fauci, senso di soffocamento, nausea o diarrea, caldo o freddo, rigidità muscolare.
3 - emozioni: solitamente spiacevoli quali paura, preoccupazione o terrore.
4 - comportamenti: possono essere di tipo volontario o involontario, per esempio una reazione aggressiva esagerata oppure al contrario un comportamento di evitamento che si estende poco alla volta anche a situazioni che precedentemente erano neutre.

L'EMDR, sperimentato inizialmente sui reduci di guerra, che al ritorno a casa manifestavano i sintomi tipici del disturbo post traumatico da stress, è stato poi utilizzato anche nella cura degli altri disturbi d'ansia, dando sempre ottimi risultati. È una tecnica che permette di accorciare i tempi di intervento e lavorare sia sui traumi del passato che sulle risorse e capacità individuali  del presente.

Durante la terapia dovranno essere rintracciati nella storia di vita del paziente le cause che hanno dato il via al disturbo d'ansia che si e poi cronicizzato nel tempo, sarà compito del terapeuta valutare la modalità di elaborazione degli eventi target, per giungere all'estinzione del disturbo. Si potrà per esempio procedere lavorando sul primo episodio, il peggiore e l'ultimo in cui si è manifestata l'ansia, oppure intervenire solo sull'evento che ha causato il disturbo post traumatico da stress, una buona fase di assessment permetterà di scegliere la strategia di intervento migliore.

Domare l'ansia è meglio che imparare a conviverci!


Si può affrontare la depressione con l'EMDR? 
Si, vediamo come nel prossimo post di gennaio!

mercoledì 11 dicembre 2019

EMDR: lutto, disagio cronico, perdita traumatica. Come superarli?



Se dico la parola lutto quali associazioni ti vengono in mente?
La maggior parte delle persone fa subito il collegamento con la morte di una persona cara, hanno ragione, è la prima cosa che quasi tutti pensiamo; la parola lutto, che deriva  dal verbo  latino lugere, significa piangere,  e questo di conseguenza ci permette di indicare con esso anche perdite di diversa natura, per esempio la separazione o il divorzio, aborto, la perdita del lavoro, il trasferimento in altra città o stato.

La perdita, e di conseguenza il lutto, comporta delle reazioni psicologiche, comportamentali, fisiche e sociali talmente importanti che richiedono un tempo piuttosto lungo di elaborazione, alcune ricerche hanno stimato che per superare un lutto ci sia un tempo fisiologico che si aggira intorno ai 12-15 mesi e che si caratterizza per la presenza di uno stato depressivo necessario al processo di elaborazione. Solo se questo tempo non è sufficiente per la risoluzione dello stato depressivo si può parlare di   disagio cronico.

Si parla invece di perdita traumatica quando oltre alla perdita oggettiva si aggiunge uno stress traumatico causato da circostanze specifiche, per esempio:
- l'imprevedibilità della perdita. Il fatto è stato inaspettato ed improvviso.
- l'intenzionalità dell'atto. Un omicidio premeditato. 
- la sofferenza della persona cara prima del decesso.
-l' evitabilità. Si sarebbe potuto fare qualcosa per evitarlo.
- l' età del defunto e morte prematura.

L'elaborazione del lutto, come detto sopra richiede un tempo medio lungo e procede per fasi.
Inizialmente c'è la consapevolezza della perdita, segue la reazione alla perdita , vale a dire presa di contatto con i sentimenti di dolore e le reazioni psicologiche ad esso, si procede con la costruzione di un ricordo del defunto in modo realistico e coerente con le proprie emozioni. Lasciare andare il legame con la persona persa a volte è la parte più difficile per le persone, ma una volta che si riesce a superare questo scoglio è possibile costruire un nuovo modo per affrontare la vita e poi investire in nuove esperienze e legami di vita.

Il lavoro con l'emdr aiuta quando l'elaborazione si blocca in una di queste fasi, esso permette anche l'elaborazione dei ricordi traumatici quali immagini o comunicazioni della notizia, aiuta nella ridefinizione dei significati individuali, per esempio aiuta a sostituire un pensiero disfunzionale quale "senza mio marito non potrò mai i più essere felice" con uno più funzionale "merito di essere felice ancora pur non dimenticandolo".

L'EMDR funziona anche per l'ansia?Come?
Scopriamolo insieme con il prossimo post. Arrivederci!





mercoledì 4 dicembre 2019

EMDR: traumi con la "T" maiuscola e "t" minuscola


Siamo tutti accomunati da una semplice considerazione: viviamo, e proprio per questo siamo esposti alla possibilità di subire un trauma.

Quando si parla di trauma le persone immaginano grandi e gravi eventi di vita quali incidenti in cui ha perso la vita qualcuno, attentati, catastrofi naturali, sequestri o rapine, e spesso i pazienti di primo acchito rispondono "ma io non ho vissuto dei grandi traumi".

È necessario soffermarsi un attimo e fare chiarezza.
Quando si lavora con l'emdr si parla di T grandi e di t piccoli: i T grandi  comprendono eventi in cui c'è o c'è stato un rischio per la propria o altrui incolumità, ad esempio malattia, incidenti, aborti, catastrofi naturali, terremoti, sequestri, rapine, lutti, violenza sessuale,  gravi lesioni, aggressioni e maltrattamento fisico. Quando si parla invece di t piccoli ci si riferisce a situazioni relazionali che non rappresentano una minaccia all'integrità fisica ma una minaccia alla rappresentazione del sè, ovvero alla propria identità, alla propria personalità e percezione di sé stessi, esperienze apparentemente poco gravi ma che assumono importanza se sono ripetute nel tempo o avvengono in periodi di particolare vulnerabilità o dell'infanzia. I t piccoli comprendono situazioni di trascuratezza emotiva, maltrattamento psicologico ad opera del caregiver (per i bambini i caregiver sono i genitori, ovvero coloro che danno cura), incuria fisica e dei bisogni primari (es.: cibo, sonno, pulizia), assenza fisica ed emotiva, abbandoni, imprevedibilità e ambiguità delle reazioni, ostilità, umiliazioni.

E' più grave il trauma di un bambino che perde un genitore in un incidente o quello di un bambino che vive in un contesto relazionale fatto di ostilità e umiliazioni? 
E' più grave il trauma di una persona alla quale viene diagnosticata una malattia o quello di una persona che vive per anni con genitori depressi o alcolisti?
Difficile dirlo vero? A mio parere non ha nemmeno un grande senso paragonare le situazione per valutare quale abbia il peso maggiore.

La sofferenza psicologica si produce in presenza di entrambi i tipi di traumi e facilita la formazione di aree di vulnerabilità sulle quali poi si possono sviluppare patologie in fasi successive della vita. Le ripercussioni dei traumi sperimentati si manifestano nel comportamento, nella modalità di pensiero, nel vissuto emotivo, nel modo di relazionarsi con le persone in tutto l'arco della vita, e anche in alcune e specifiche aree del cervello, così come emerge da studi di neurobiologia.

Lutto, disagio cronico, perdita traumatica. Come superarli?
Vi aspetto mercoledì prossimo, arrivederci!







mercoledì 27 novembre 2019

EMDR: qualche risposta alle domande più comuni


Il lavoro emdr può essere fatto solo attraverso l'uso degli occhi? 
No, i tipi di stimolazione che si possono utilizzare per lavorare sull'elaborazione del trauma o dell'evento stressante sono di diverso tipo. Oltre ai movimenti oculari esistono:
tapping, cioè un tamburellamento fatto sulle ginocchia o sulle mani  
- i segnali acustici, cioè dei suoni alternati riprodotti in cuffia o attraverso degli amplificatori. 

Cosa succede al paziente durante l'elaborazione emdr? 
Quando si inizia l'elaborazione di un evento non risolto, il ricordo di quel trauma viene stimolato e può accadere che il paziente riviva, per un breve momento, quel particolare stato emotivo o le sensazioni fisiche provate in quella situazione originale. Procedendo con l'elaborazione si modificheranno: l'immagine visiva con la quale il ricordo è stato archiviato, l'emotività ad esso connessa, le sensazioni fisiche sperimentate ed immagazzinate nelle memorie del corpo e anche i pensieri disfunzionali elaborati. Dopo l'elaborazione il comportamento  del paziente risulterà cambiato e più adeguato,egli avrà la sensazione di essersi tolto di dosso un carico pesante.

Dopo aver fatto l'elaborazione di un evento con emdr mi sento cambiato anche rispetto al ricordo di altri episodi, è possibile? 
Sì, questo è possibile perché quando si lavora con l'emdr su uno specifico evento, l'elaborazione può estendersi anche a eventi simili e ad esso associati.

Dopo l'emdr mi tornano alla mente ricordi che prima sembravano dimenticati, come mai? 
L'informazione dell'evento traumatico o stressante, archiviata in modo disfunzionale, blocca una particolare rete neurale del cervello che impedisce l'accesso ai ricordi immagazzinati in altre reti neurali. Una volta sbloccata, la rete "fuori uso"diventa fruibile e torna a fare connessione con le altre reti limitrofe e il paziente può accedere ad altri ricordi personali.

Per quali eventi si utilizza l'emdr?
Scopriamolo insieme con il prossimo post!

Arrivederci a mercoledì.


mercoledì 20 novembre 2019

Emdr: riattivare la guarigione


Se partiamo dal presupposto che il nostro corpo è strutturato in modo da guarire le ferite, possiamo pensare la stessa cosa anche della nostra mente e quindi concepirla in grado di riparare le ferite psicologiche.

Quando nel corpo entra un oggetto esterno, per esempio una scheggia o un frammento di qualcosa, se esso non viene rimosso, il corpo non sarà in grado di ripararsi in modo adeguato, piuttosto cercherà di adattarsi per non percepire più il dolore provocato dal corpo esterno. 
Lo stesso fa la nostra mente. Un evento traumatico o stressante non elaborato agirà come la scheggia nel dito, non permetterà una adeguata guarigione dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e sensazioni fisiche 

Quando un trauma non risolto viene stimolato, anche in modo involontario, da situazioni esterne o interne a noi, per esempio da un'immagine, parole o rumori, odori, noi possiamo rivivere in modo molto intenso le emozioni, le sensazioni fisiche e i pensieri che avevamo sperimentato nel momento della situazione stressante; è come se il malessere accaduto in quella particolare situazione tornasse a farsi risentire in modo più o meno vivido. Rielaborare un trauma significa modificare l'informazione disadattiva che è stata immagazzinata nel nostro cervello, significa poterci togliere dalle spalle quel carico di malessere che ancora ci portiamo dietro e quindi arrivare a cambiamenti nelle emozioni, nei pensieri e nelle sensazioni fisiche. E' solo dopo questa elaborazione che ci potremo liberare veramente dal passato, e tornare ad affrontare il presente e il futuro in modo emotivamente, fisicamente e comportamentalmente diverso.

Il lavoro emdr può essere fatto solo attraverso l'uso degli occhi? 
Cosa succede al paziente durante l'elaborazione emdr? 
Dopo aver fatto l'elaborazione di un evento con emdr mi sento cambiato anche rispetto al ricordo di altri episodi, è possibile? 
Dopo l'emdr mi tornano alla mente ricordi che prima sembravano dimenticati, come mai?

Vi aspetto mercoledì prossimo con le risposte a queste comuni domande, arrivederci!



mercoledì 13 novembre 2019

Emdr: cosa ci succede dopo un'esperienza negativa?


Quando viviamo un'esperienza negativa, come per esempio il lutto di una persona cara, una malattia, una violenza fisica o psicologica, ma anche situazioni meno gravi quali un'umiliazione o un litigio, ci sentiamo addosso la sensazione che quell'evento ci abbia lasciato un segno permanente ... a volte indelebile. Può accadere di ricordare con estrema nitidezza e dovizia di particolari quella specifica situazione. 
Come mai ci succede questo?
Questo accade perché sembra esserci uno squilibrio nel sistema nervoso causato forse da cambiamenti a livello dei neurotrasmettitori, questo squilibrio permette all'evento disturbante di essere conservato a livello neurologico sotto forma di immagini, suoni, emozioni e sensazioni fisichePensate per esempio a una situazione per voi traumatica e magari accaduta molto tempo fa, non siete ancora in grado di rivedere le immagini in modo nitido e preciso? Di ricordare le parole dette in modo dettagliato? O di sentire ancora un certo rumore o odore sperimentato a quel tempo?  E non vi capita anche, qualora proprio quelle parole, quell'odore o rumore si manifesti nella vostra quotidianità di vivere ancora uno stato fisico ed emotivo simile o uguale a quello sperimentato nel passato? 
Questo accade proprio perché il ricordo originale, conservato in modo disturbante, può essere ancora innescato da stimoli interni o esterni, e presentarsi sotto forma di reazioni fisiche ed emotive, incubi, flashback, pensieri intrusivi.  
L'ipotesi alla base dell'emdr è che i movimenti oculari, ma anche tipi di stimolazione alternativa, riattivino un meccanismo fisiologico in grado di elaborare la situazione negativa sperimentata. 
Il modello teorico sul quale si basa l'emdr è quello dell'elaborazione accelerata dell'informazione, che sostiene che il corpo sia in grado di guarire dopo una ferita; tuttavia la guarigione a volte può essere interrotta dalla presenza di un ostacolo, che se rimosso lascerà al corpo la possibilità di continuare a guarire. L'ostacolo in questo caso è proprio l'informazione disfunzionale bloccata a livello neurologico, ovvero quella particolare immagine, suono, rumore che ci è rimasto in mente.
Il nostro cervello è un insieme intricato di neuroni, che fanno contatto gli uni con gli altri e che in questo modo creano reti interconnesse, quando nella nostra vita accade un trauma, è come se quella determinata informazione, immagine, emozione, pensiero o sensazione del corpo, si congelasse in una specifica rete neurale e rimanesse lì in modo durevole nel tempo. In qualche modo quella rete  è isolata perché non più in grado di fare un buon contatto con le altre, di conseguenza non è possibile che l'informazione traumatica esca e che informazioni più adattive entrino. L'elaborazione di una situazione traumatica avviene proprio quando questa rete neurale si sblocca e ritorna a fare un buon contatto con le altre.

E' possibile riattivare la guarigione che si è "bloccata"? 
Sì, è possibile, e ne parleremo nel prossimo post!

Vi aspetto mercoledì prossimo, arrivederci!





mercoledì 6 novembre 2019

EMDR: una scoperta casuale camminando nel parco


Quante cose si scoprono per caso? Così, senza che ci sia una consapevole intenzione; il momento è quello giusto, le condizioni ottimali e ... ta-ta ... fortuitamente si scopre qualcosa di importante. 
E proprio così nasce l'EMDR, comparendo in modo del tutto inaspettato  agli occhi di Francine Shapiro. 

"Un giorno, passeggiando in un parco, notai che alcuni pensieri inquietanti che avevo erano improvvisamente spariti; notai inoltre che quando ritornavo con la mente a quei pensieri essi non erano più disturbanti e presenti come prima. L'esperienza mi aveva insegnato che i pensieri disturbanti (...) tendono a manifestarsi fino a quando coscientemente si fa qualcosa per fermarli o cambiarli. Ciò che mi colpì quel giorno fu che i miei pensieri disturbanti stavano sparendo e modificandosi senza alcuno sforzo cosciente." - (Shapiro F., EMDR  desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari, MC Graw-Hill, Milano, 2000). 

Da quel momento iniziarono prima le osservazioni, il notare che mentre gli occhi si muovevano diagonalmente i pensieri negativi e la carica emotiva ad essi legata si affievoliva notevolmente, e successivamente gli studi. Nel Maggio 1987, una scoperta del tutto casuale, diventa l'inizio di una terapia che ad oggi è in grado di aiutare tantissime persone: in quell'anno nasce l'emdr. 

Dopo 32 anni dalla scoperta, gli studi scientifici, per spiegare come funzioni e perché questo strumento abbia esiti positivi, continuano ad essere condotti nei laboratori delle università o dei centri di ricerca, nelle cliniche e negli ospedali di tutto il mondo. Le prime terapie furono condotte con vittime di stupri o di molestie, con i reduci del Vietnam, tutte persone altamente traumatizzate e con una diagnosi di disturbo da stress post-traumatico sulle spalle; ma ad oggi sono sempre di più i contesti nei quali, terapeuti esperti, applicano e sperimentano i risultati di questa singolare scoperta.
Francine Shapiro, scomparsa proprio quest'anno, ha lasciato un'eredità importante a tutti i terapeuti che  con passione e impegno mettono questo strumento al servizio dei propri pazienti.


"Sembra sempre impossibile finché non viene realizzato."
(Nelson Mandela)