9° parte - "Percorso di educazione emotiva per bambini e genitori …
che credono ancora nella magia delle emozioni".
La tristezza , tra tutte le emozioni che abbiamo
visto, sembra essere quella più difficile da accettare all'interno della nostra
società. Se penso ai miei pazienti che si rivolgono a me in studio, mi accorgo
sempre più quanto in pochi riescano ad ascoltarsi ed accogliere questa
emozione; la maggior parte la fugge, la ricopre di un bello strato di rabbia o
la confonde con l’indifferenza. Quello che nel precedente articolo si è chiesto
di fare con i vostri figli è: comprendere e riconoscere le emozioni del bambino,
fare diventare la tristezza una lezione educativa, permettere al piccolo di
riconoscere e comprendere ciò che sta vivendo, insegnargli le parole giuste che
definiscono lo stato d'animo che prova in quel momento, contenere e in alcune
occasioni dare dei limiti all’ emozione vissuta, permette al bambino di crearsi
degli strumenti per affrontare la vita.
Accettazione o fuga?: Ora però mi fermo e vi pongo una domanda: come
è possibile fare tutto ciò se, in primis, il genitore non è in grado di
accogliere ed accettare la propria tristezza? E’ possibile insegnare a qualcuno
a guidare senza saperlo fare? Certo, qualcuno potrebbe obiettare dicendo che la
tristezza può essere spiegata chiaramente attraverso una descrizione
dettagliata delle espressioni del volto e i comportamenti che ne conseguono (ex:
pianto, isolamento, mancanza di appetito). Ma sarebbe come descrivere il gusto
e la consistenza di una buonissima torta al cioccolato, avendo studiato gli
ingredienti e la preparazione ma senza averne mai assaggiato un boccone.
Sarebbe la stessa cosa? No, non lo sarebbe; ciò che fa la differenza in questo
caso è la mancanza di esperienza. Perché a volte ci si sente maggiormente
capiti da qualcuno che ha vissuto una nostra medesima esperienza, piacevole o
spiacevole che sia, piuttosto che da qualcuno che non l’ha mai sperimentata e
si limita ad immaginarla? E’ l’esperienza che in quel caso fa la differenza, il
“sentire nella pancia” che effetto provoca quella situazione/episodio/evento.
La stessa cosa accade per le emozioni: come possiamo spiegarle ai bambini se noi
adulti per primi ce ne teniamo alla larga?
Ecco che allora, in questo articolo, voglio
proporre delle attività per i “grandi”, per gli adulti che hanno bisogno di
rinfrescarsi le idee su questa emozione che è anche “risorsa”, per chi se l’è
dimenticata per strada, o per chi la vede come la peste…da evitare il più
possibile.
Una nuova definizione: Prima di lasciarvi alle attività proposte
vorrei proporre una nuova lettura dell’emozione tristezza. La tristezza è
un’emozione forte e fondamentalmente spiacevole che si accompagna ad un lutto,
un fallimento o una delusione. Essa si manifesta con il pianto, l’isolamento,
la perdita di energia e di appetito; il corpo assume una postura di chiusura
con spalle leggermente chiuse, capo chino, la bocca assume la tipica forma a
“u” rovesciata. Tuttavia, la tristezza è anche un’occasione per riflettere, per
staccarsi momentaneamente da tutto e tutti e rivolgere l’attenzione dentro se
stessi, comprendere i propri errori, le proprie responsabilità, le proprie debolezze
e promuovere il cambiamento, prendere decisioni importanti e significative.
Essa è anche un momento di ricostruzione dopo per esempio una perdita, una
tappa fondamentale per l’ elaborazione del lutto e la futura ripresa.
Video consigliato: https://www.youtube.com/watch?v=FqOIhbfeMUA
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Buon divertimento!