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lunedì 14 novembre 2016

La timidezza e la sua fragilità


Ogni essere umano ha una propria personalità che lo caratterizza per tutta la vita o per parte di essa: c’è chi è molto socievole e spigliato, chi rasenta il limite dell’egocentrismo, o chi al contrario è timido o riservato. Molto spesso alcune di queste caratteristiche, contraddistinguono un singolo individuo già  dall’infanzia; provate a pensare a voi stessi quando eravate piccoli,  o a qualcuno che conoscete bene, potete ritrovare dei lati del carattere che si sono mantenuti nel tempo?

Nella società in cui viviamo, e in particolar modo nella nostra cultura di appartenenza, vengono dati molto spesso messaggi impliciti su quali caratteristiche siano socialmente “apprezzabili” e quali invece meno accettate; nello specifico, la timidezza non sembra essere una tra quelle caratteristiche candidata all’oscar. Basti pensare, per esempio, ad un colloquio di lavoro: essere timidi è qualcosa che invoglia il datore a scegliere proprio tale persona, anziché una più estroversa e audace?

Ciononostante, non sempre ciò che viene promosso socialmente è necessariamente giusto o apprezzabile …anzi, la psicologia infatti detiene un buon numero di argomenti sui quali si muove in controtendenza rispetto proprio a ciò che la società promuove. Uno di questi è la timidezza. Iniziamo con il dire che essa non deve essere considerata un elemento patologico, un lato del carattere che debba essere modificato.

Cos’è la timidezza?
La timidezza è la manifestazione di emozioni che il bambino prova in un determinato momento. Un bambino timido è un bimbo che si sente inferiore ad un suo coetaneo, che ha paura del giudizio altrui, di un rifiuto o di un’umiliazione.

Come si manifesta la timidezza?
Essa si può leggere nel ritrarsi dalle situazioni sociali, nello stare in disparte, scegliere solo pochi amici coi quali interagire, trovare scuse per non aggregarsi al gruppo dei compagni. Un bambino timido è colui che parla poco o niente affatto, è quello che rinuncia a provare un gioco per non essere guardato dagli altri, quello che non osa chiedere o avvicinarsi.

Cosa fare e cosa non fare quando un bimbo si caratterizza per tale qualità?
-          In sua presenza evitare di fare confronti (ad esempio: “Guarda come è bravo Paolo, gioca con tutti i bambini, vai anche tu!”, “Vedi, lui non ha problemi di nessun tipo, parla con tutti, dai avvicinati anche tu!”) che potrebbero metterlo in forte imbarazzo generando il comportamento contrario a quello che si vuole ottenere, o che potrebbero favorire l’insorgere di un pensiero del tipo “Ecco, io sono sbagliato!”, che intaccherebbe la sua autostima

-          Non forzarlo o spingerlo ad interagire con un compagno scelto dall’adulto perchè si pensa che quel particolare bambino possa aiutarlo a sbloccarsi, ma lasciare che sia il bambino stesso a scegliere gli amici coi quali preferisce interagire.

-          Evitare di appiccicare un’etichetta quale “è timido” e non giudicarlo per il suo modo di essere, ma al contrario accettarlo e passar lui il messaggio che va bene così com’è.

-          Creare situazioni per favorire la socializzazione potrebbe essere una buona idea; partire da un ristretto numero di amici, uno o due ed allargarlo poi gradualmente aiuta il bambino a sperimentarsi in un contesto più sicuro che favorisce poi l’inserimento in gruppi più ampi.


-          Favorire la pratica di uno sport nel quale il bambino possa misurarsi su particolari abilità nelle quali riesce bene e di conseguenza si senta spronato e rassicurato a sperimentare nuove situazioni di interazione.